Adesso tocca a noi: il PGT e la zona 6

Inviato da avatar Mario Sartori il 02-10-2010 alle 19:03 Leggi/Nascondi
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Giovedi 30 settembre, si è svolto presso il circolo Acli Barona di via Boffalora  il quarto incontro dell’iniziativa di Informazione e ascolto sul PGT promossa da Libertà e Giustizia, Legambiente, Arci e Acli e alla  quale ha aderito anche Fondazione RCM.

L’incontro era dedicato in particolare alle ricadute del PGT in zona 6. Erano presenti circa 70  cittadini.

Damiano Di Simine  (Legambiente) ha coordinato i lavori della serata mentre l’inquadramento del PGT, sia dal punto di vista  generale sia dal punto di vista delle principali ricadute nella zona 6 è stato proposta dagli architetti  Emilio Guastamacchia e Christian Novak del Politecnico di Milano;  La loro presentazione (in formato pdf) è allegata.

Nella presentazione tecnica del PGT sono state messe in luce le principali novità introdotte da questo strumento urbanistico a partire dalla concezione del tutto nuova introdotta la legge regionale 12 del 2005 che ha messo in soffitta lo strumento del Piano regolatore basato su vincoli, regole  e destinazioni puntuali sintetizzate dall’azzonamento del territorio. Lo sviluppo di Milano è stato regolato finora dal Piano regolatore del 1976 a cui sono seguite  infinite piccole e grandi varianti che hanno cadenzato la trasformazione di una città che è cambiata un pezzo alla volta.

I relatori si sono soffermati sulla logica generale del nuovo PGT, sugli strumenti in cui si articola, sugli obiettivi strategici che vuole perseguire, sui meccanismi che vuole innescare (perequazione, densificazione) e sulle previsioni di trasformazione che interessano l’intera città ed in particolare la zona 6.

Per quanto riguarda la zona 6  le principali trasformazioni riguardano gli Ambiti di Trasformazione Urbana di Ronchetto sul Naviglio, di San Cristoforo, di Porta Genova e il Parco di Cintura Urbana dei Navigli. Un’osservazione ricorrente negli interventi dei relatori e del pubblico e già emersa con forza negli incontri precedenti in zona 4 e zona 7, riguarda l’indeterminatezza del Piano sulla natura delle trasformazioni e sulla assoluta vaghezza ed aleatorietà delle funzioni urbane che ricadranno nella città ed in particolare negli Ambiti di Trasformazione (ATU).

Nella zona 6 in particolare l’ambito di Porta Genova è quello su cui si sono soffermati numerosi interventi che hanno messo in luce preoccupazioni e contrarietà innanzitutto alla dismissione stessa della stazione che oggi porta i pendolari nel centro della città e domani li scaricherà in periferia e poi sui tempi di tale dismissione e soprattutto sulla nuova funzione di questa parte della città a partire dal ripensamento stesso della piazza della stazione.

L’indicazione che da il PGT al riguardo che assegna all’abito di P.ta Genova la vocazione del design – creatività giovanile  è giudicata molto generica ed ambigua: si pensa ad immettere servizi ed elementi che siano incubatori d’impresa o ad opportunità per il tempo libero?

Sull’ambito di Ronchetto del Naviglio che è quello che sarà interessato dal maggiore sviluppo insediativo e dove sono previsti circa 240.000 mc che tuttavia, in assenza di alcuna indicazione funzionale (residenza, commerciale, terziario o mix), non è chiaro quanta parte della domanda di case alla portata di tutti (esigenza sottolineata da molti interventi) potrà essere soddisfatta dagli sviluppi edilizi previsti dal piano nella zona 6. 

Un altro aspetto approfondito dai relatori e su cui si sono soffermati in molti riguarda il verde e il meccanismo che lega l’espansione delle nuove costruzioni con la realizzazione effettiva degli spazi verdi previsti nei diversi ambiti (almeno il 50% nell’ambito di Ronchetto, almeno il 30% nell’ambito di porta Genova); Alcuni cattivi precedenti a Milano mostrano che prima si è costruito e che gli spazi pubblici e  a parco non ci sono ancora (Rubattino) mentre dal pubblico è stato sottolineato che nelle città europee si procede alla rovescia: prima si realizzano, a carico degli operatori gli spazi e le attrezzature di pubblico interesse e poi i volumi privati.

L’esempio delle città europee è stato riportato anche per sottolineare l’importanza che altrove viene data a realizzare una continuità degli spazi verdi e degli itinerari e dei collegamenti per la mobilità dolce (pedonale e ciclabile). Su questo tema ci sono stati numerosi interventi che hanno sottolineato alcuni aspetti interessanti del Piano (il “filo rosso” di collegamento tra i parchi, i raggi verdi) ma anche le numerose criticità che vanno dalla scomparsa nel Piano del parco lineare del naviglio espressamente  previsto dal Piano d’Area Navigli e soprattutto ai rischi che corrono le aree agricole del Parco Sud in relazione agli incerti esiti dell’applicazione del meccanismo della perequazione che assegna diritti volumetrici alle aree del Parco (0,15 mq slp/mq), prescrivendo tuttavia il loro trasferimento in altre aree edificabili della città.

Molti interventi vedono grandi incognite su questo meccanismo, a cui il Piano  da grande enfasi, incognite che vanno dalle prevedibili grandi difficoltà di regolare e gestire il meccanismo di trasferimento dei diritti volumetrici, alla loro quotazione monetaria, alla forzatura della previsione obbligata del passaggio alla proprietà comunale dei terreni agricoli laddove in realtà la fondamentale garanzia che le aziende  vorrebbero veder realizzata in questi ambiti è la possibilità di esercitare, consolidare ed espandere le attività agricole presenti.

Altri hanno segnalato la debolezza del Piano sotto il profilo ambientale con particolare riferimento alle grandi criticità ambientali di Milano – la qualità dell’aria, la mobilità insostenibile, l’inefficienza energetica – che non vengono di fatto affrontate dal PGT in termini di scelte coraggiose in termini di mobilità sostenibile e di efficienza energetica che non va premiata con ulteriori volumetrie ma imposta come regola inderogabile.

In generale è emersa in numerosi interventi la considerazione che il PGT prefigura grandi trasformazioni senza però dare alcun contorno preciso al progetto di città che si vuole perseguire; E’ un piano difficilmente “osservabile” perché ci sono troppi vuoti e troppe “non scelte” ed è difficile poter chiedere, con specifiche osservazioni,  che il piano possa cambiare previsioni o migliorare  contenuti che non sono definiti.

A questo proposito in alcuni interventi è stato proposto di riscattare la mancata partecipazione alla formazione di un piano giudicato generico con una partecipazione vera al momento della formazione delle vere scelte urbanistiche.  La richiesta da avanzare con le osservazioni al piano è quella di prevedere percorsi di partecipazione sistematica nella fase di definizione dei Piani e dei progetti attuativi in modo che la cittadinanza più direttamente interessata alle trasformazioni dei loro quartieri possa influire sulle scelte che verranno effettuate, evitando che importanti effetti sulla qualità della vita dei residenti possano maturare nella ristretto rapporto tra operatori, tecnici ed amministrazione.

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