I tessuti urbani compatti a cortina - tra il dire e il fare…

Inviato da avatar Gabriele Antonio Mariani il 18-10-2010 alle 18:45 Leggi/Nascondi
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I TESSUTI URBANI COMPATTI A CORTINA

TRA IL DIRE E IL FARE…

Gli articoli 14 e 15 del di PGT mostrano a mio avviso un approccio superficiale a problemi complessi riguardanti il mantenimento e/o il perseguimento della qualita’ architettonica dell’esistente .

La differenza che intercorre tra il dire (quello che si legge nella norma)  ed il fare (come e dove si potra’ costruire  attraverso i buchi lasciati da cio’ che scritto non e’) è disarmante.

Mi concentro in particolare su un tema a mio avviso molto importante che riguarda il perseguimento della qualita’ ambientale degli interventi edilizi.

Negli ambiti contraddistinti da un Disegno urbanistico Riconoscibile (ADR) del Tessuto Urbano di Recente Formazione (TRF), se da un lato si individuano norme volte a regolamentare l’edificazione ove sono presenti cortine edilizie, dall’altro si lascia spazio ad interventi edilizi che possono stravolgere proprio quello che sembrerebbe l’intento della norma.

Mi riferisco in particolar modo ai seguenti aspetti:

  • possibilita’ di innalzare le costruzioni in cortina sino all’altezza dell’edificio piu’ alto
    art. 15 comma 2 lettera a)
  • possibilita’ di costruire nei cortili
    (art. 15 comma 2 lettera b)
  • identificazione dell’unitarieta’ tipologica per “isolati” e non per “fronti
    (art. 14 comma 2 lettera e, art. 15 comma 6 e tavole R.02)

 1.      Possibilita’ di innalzare le costruzioni in cortina sino all’altezza dell’edificio piu’ alto

(art. 15 comma 2 lettera a)

Tale disposizione, potrebbe avere effetti devastanti sul tessuto urbano consolidato della citta’. Poniamo il diffusissimo caso di un isolato con edifici aventi altezza intorno ai 4-5 piani, magari degli anni ’30-‘40 nel quale sia stato edificato successivamente un fabbricato alto 7 piani. Ebbene, con interventi successivi, ciascun edificio, partendo dai due confinanti col piu’ alto, potra’ alla fine elevarsi, con i risultati che tutti possiamo immaginare.

Ci si chiede inoltre quale necessita’ ci sia di conformare in altezza cortine edilizie che presentano gia’ oggi una buona qualita’ architettonica.

Mi riferisco in particolare a tutti quei viali alberati , ad esempio Viale Lombardia o tutto l’asse che collega Corso XXII Marzo a Via Eustachi; si tratta di intere parti di citta’ messe a rischio.

 2.      Possibilita’ di costruire nei cortili

     (art. 15 comma 2 lettera b)

Se da un lato, a parole, le Norme di Attuazione del PGT intendono dare regolarita’ agli isolati costruiti su cortine edilizie, quindi dotati all’interno di cortili interclusi dalle cortine stesse, dall’altro lato si lascia la possibilita’ di edificare all’interno della cortina recuperando e ampliando i volumi esistenti.

Ma qui c’e’ una evidente contraddizione. La cortina edilizia ha un senso se anche cio’ che essa comprende, il cortile appunto, gode di una sorta di salvaguardia da superfetazioni ed elevazioni; basti rammentare il fatto che gli edifici a cortina hanno due soli affacci e quindi il cortile ha una funzione essenziale di aerazione ed illuminazione dei locali non affacciatisi su strada.

Ebbene, si e’ assistito negli ultimi anni alla costruzione di fabbricati nei cortili con effetti negativi sulla qualita’ ambientale degli edifici interessati da questa tipologia di intervento edilizio: in moltissimi casi dei capannoni di non piu’ di 4-6 metri di altezza sono diventati edifici residenziali di cinque sei piani la cui altezza ha addirittura superato la cortina edilizia pre-esistente.

L’articolo 15 comma 2, lettera b, seppur emendato, non risolve il problema.

Tale articolo va’ ben oltre  oltre il necessario riconoscimento del diritto acquisito da parte del proprietario del capannone nel cortile a ristrutturare il proprio volume all’interno della sagoma esistente, il testo in questione , cosi’ come riformulato  consente ancora  l’edificazione sino alla meta’ dell’altezza dell’edificio piu’ alto della cortina edilizia circostante.

Si potra’ obiettare che il DM 1444/68 (distanza di dieci metri fra fabbricati) e le norme dell’attuale Regolamento Edilizio restano sempre valide.

A tale obiezione si puo’ facilmente rispondere che un conto e’ la loro applicazione su edifici liberi su quattro lati, un conto e’ se invece ci si riferisce ad edifici di cortina liberi solo su due lati, quello su strada e quello appunto affacciato sul cortile .

Un altro effetto negativo di questa norma e’ la possibilita’ di far scomparire le numerose autorimesse presenti nei cortili con notevole aggravio dei gia’ evidenti problemi di parcheggio.

Una modifica a tale articolo dovrebbe dunque prevedere sostanzialmente due cose:

  • Nel caso di ristrutturazione edilizia  nei cortili, il divieto di escire dalla sagoma e dal sedime del fabbricato esistente
  • Nel caso di presenza di autorimesse sorvegliate e non, il divieto di mutarne la destinazione d’uso, salvo la possibilita’ di un loro ampliamento nelle parti interrate. 

3.      Identificazione dell’unitarieta’ tipologica per “isolati” e non per “fronti

      (art. 14 comma 2 lettera e, art. 15 comma 6 e tavole R.02)

Dalla lettura degli articoli riportati, emerge evidente , a mio avviso,  un vizio di fondo nella determinazione dell’unitarieta’ tipologica degli isolati.

Viene definito dalla norma adottata  “tipologicamente unitario”  un isolato quando tutti i suoi fronti presentano tale caratteristica , salvo poi  non chiarire cosa si intenda per unitarieta’ .

Il primo aspetto evidenziato mostra il tipico approccio “per planimetrie “ dell’urbanista ai problemi della città con i limiti che spiegherò piu’ avanti, il secondo aspetto evoca una qualita’ architettonica generica attribuendola poi a ridottissime parti del tessuto urbano.

Orbene, e’ evidente a tutti che l’unitarieta’ di un isolato non e’ percepibile all’occhio se non girando intorno a tutto un isolato, memorizzando cio’ che si e’ visto ed analizzando poi il tutto. Molto piu’ normalmente invece  l’unitarieta’ del costruito si percepisce quotidianamente percorrendo un viale o  una piazza , osservando quindi solo uno o al massimo due lati di un isolato.

E’ quindi evidente che piu’ che ragionare per  “isolati” (come appunto fanno gli urbanisti) e’ necessario ragionare per “fronti”.

La serie di tavole R.02 dovrebbe quindi riportare una analisi piu’ dettagliata del costruito e riportare il tratteggio rosso su tutti quei fronti urbani dove tale unitarieta’ e’ evidente.

Venendo poi al concetto di unitarietà, occorrerebbe precisare che essa va’ ricondotta almeno a tutto quanto edificato sino agli anni ’40 . Esistono infatti interi fronti omogenei con significativi esempi di architettura anteguerra che sarebbero compromessi da un inserto proprio dell’architettura moderna.

Anche qui invito a riflettere su molte parti della citta’ comprese fra i viali dei tram 29/30 e della linea filoviaria ‘90/91.

Ing. Arch. Gabriele Mariani

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Inviato da avatar Stefano Margiotti il 19-10-2010 alle 13:07
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